Il Cappello da Prete viene preparato disossando la parte anteriore del maiale lasciando integri muscolo e cotenna. Il condimento è costituito da aglio, sale, spezie e aromi. L'impasto poi viene rigirato su sé stesso e viene richiuso con una cucitura manuale con spago, si ottiene una specie di borsa, che subito dopo il confezionamento viene stretta fra due tavolette legate alle estremità, che favoriscono la ricompattazione della carne all'interno. Prende il nome dalla forma che ricorda, i cappelli che i preti usavano portare alla fine dell'Ottocento.
COME SI CUCINA: Iniziate la sua preparazione immergendo il Cappello da Prete in acqua fredda per una notte, servirà per ammorbidire la cotenna. Al momento di cuocerlo fate sulla superficie dei piccoli fori e avvolgetelo nella carta stagnola ben stretta. Adagiatelo in una pentola piena di acqua fredda e non salata. Accendete il fuoco e quando l’acqua inizia a bollire, abbassate la fiamma e fate bollire lentamente, cuocendolo per circa 4 ore. .
Sono costituiti da parti più o meno grasse del suino, cotte a lungo con aromi e spezie, allo scopo di sgrassare completamente l'impasto. La parte magra che rimane dopo la fusione del grasso viene pressata a forma di sottili dischi o lasciata a scaglie sottili.
La cicciolata si ottiene facendo bollire i ciccioli (pezzi di grasso del maiale) in un pentolone di rame; a lato si fanno lessare la testa e le ossa del maiale ancora rivestite di un po' di carne. Dopo una lunga cottura si unisce il tutto strizzandolo con un canovaccio per far uscire bene lo strutto poi si mette in forma in un apposito torchio. Finito il processo di torchiatura, la forma viene aperta dalla tela e fatta asciugare e raffreddare per 24 ore in cella a bassa temperatura, per essere successivamente porzionata in pani e confezionata sottovuoto.
Prodotta utilizzando i muscoli del collo, con un processo produttivo per molti aspetti simile a quello del prosciutto crudo utilizzando i suini di "Razza Nera" del peso di 230-280 kg. Può essere insaccata nella vescica di maiale o nell'intestino del manzo. La si condisce con sale, pepe, aglio e vino bianco. La stagionatura avviene in locali umidi per circa 14 mesi. La forma della coppa è cilindrica, appuntita alle estremità , compatta, ma non elastica. All'interno il salume è di color rosso, con striature bianco-rosato, dal sapore intenso e dolce, ma con una spiccata personalità che la differenzia dalle altre coppe.
La sua produzione avviene nell'intero territorio piacentino, ma la stagionatura, eseguita sempre in loco, deve compiersi in località che non superino i 900 metri di altitudine. La carne proviene da allevamenti lombardi ed emiliani.
Si ottiene dal muscolo cervicale del suino, che viene tagliato all'altezza della quarta costola, e non può avere peso inferiore ai 2,5 kg. La carne viene massaggiata, spremuta e rifilata, quindi si procede alla salatura. Questa avviene con sale, zucchero, pepe spezzettato e numerose spezie, tra cui chiodi di garofano, semi di alloro, cannella. Si attende una settimana e poi la coppa viene avvolta nel diaframma parietale suino. Si procede quindi ad una legatura energica con spago e ad una prima stagionatura che avviene con il passaggio nell'essiccatoio per almeno sette giorni. La stagionatura completa avrà durata di almeno sei mesi, ad una temperatura costante compresa tra i 10 e i 14°C, ad umidità controllata. Dal caratteristico colore rosso, inframmezzato da striature bianche e rosate, con tipico sapore morbido e pastoso, con profumi delicati e sottili, sono le caratteristiche organolettiche che la contraddistinguono.
Il termine prende origine dal nome "cotica", con il quale si indica la cotenna. Quando lo stesso impasto dello zampone - costituito da carne di maiale grassa e magra - viene inserito nel budello, naturale o artificiale, anziché nella zampa, questo prende il nome di cotechino. Il prodotto che viene commercializzato fresco è sottoposto ad asciugamento in stufa ad aria calda.
COME SI CUCINA: Al momento di cuocerlo inserire tre stuzzicadenti nel Cotechino, avvolgerlo nella carta stagnola ben stretta, adagiatelo in una pentola piena di acqua fredda non salata, accendete il fuoco e quando l’acqua inizia a bollire, abbassate la fiamma e fate bollire lentamente, cuocetelo per circa 2 ore.
Ottimo l'abbinamento con purè di patate e fagioli, mostarde, lenticchie.
Diffuso nelle aree parmensi e reggiane, il culatello più blasonato è sicuramente quello di Zibello, nella Bassa Parmense, che si avvale, nelle fasi di stagionatura, del particolare clima umido delle terre vicino al Po, che gli danno il caratteristico profumo e la particolare fragranza.
Le fasi di lavorazione sono totalmente artigianali e la zona di produzione è ristretta a soli otto comuni. All’interno del Consorzio di tutela nasce il marchio riconosciuto esclusivo degli Antici Produttori del Culatello di Zibello, composto da 14 produttori.
Ricavato dalla parte alta e posteriore della coscia del maiale, il culatello si ottiene stagionando solo il muscolo posteriore della coscia. La carne viene dapprima rifilata e legata, quindi, dopo essere stata salata a caldo, subisce un energico massaggio con sale, pepe, aglio e vino bianco secco, successivamente viene pulita e spazzolata e viene inserita in una vescica di maiale, precedentemente messa a bagno in acqua e aceto per farle riprendere l'elasticità, quindi viene ben insaccato e chiuso alle estremità. La pelle viene bucherellata finemente perché sia possibile la trasudazione, e il culatello viene legato strettamente, in maniera tanto fitta da formare come una ragnatela, quindi posto a stagionare in luogo umido. Rispetto al prosciutto, che necessita invece di aria fresca e asciutta, questo predilige l'umidità, necessaria per ammorbidire la carni prive di grasso. Si deve fare attenzione, all'inizio, che non si formino muffe, evitabili attraverso una regolare spazzolatura. La forma è quella di un grosso uovo; al termine del periodo minimo di stagionatura che è 12 mesi, il peso deve essere attorno a 4,5 - 5 kg.
La Culatta viene prodotta utilizzando la stessa parte della coscia da cui viene ricavato anche il Culatello. Si distingue da quest'ultimo per la lavorazione, per il trattamento e per l'aspetto.
Stagionatura di 13/15 mesi. Il peso varia da 4 a 5 kg. Nella parte anteriore della culatta viene lasciato un piccolo osso chiamato "anchetta" (come nel prosciutto) che al momento di mettere al taglio deve essere tolto con un coltello appuntito e bene affilato. E' lavorata e stagionata in modo estremamente naturale, non è insaccata, né manipolata. Ha poco scarto e la sua forma consente di fare fette sempre uguali dall'inizio alla fine.
E' morbida come il Prosciutto, dolce e pastosa come il Culatello.
Sezionata la coscia del maiale e estratto il Culatello o Culatta, rimane il Fiocchetto di Prosciutto. Viene considerato il parente povero della Culatta, definizione non veritiera per un salume che ha una propria identità.
Viene lavorato nello stesso modo della Culatta, si differenzia per le dimensioni e per la quasi completa mancanza di grasso, la sua carne può risultare un pò asciutta con un sapore che è nettamente più delicato. Il Fiocchetto di Prosciutto essendo più magro della Culatta necessita di una stagionatura più breve che va da 7 a 8 mesi.
Deve essere conservato in locali freschi ed aerati ad una temperatura inferiore a 21° possibilmente appeso per evitare la formazione di muffe indesiderate nei punti di contatto.
E’ il "lardo" di migliore qualità, asportato intero proprio nella gola del maiale utilizzando i suini di "Razza Nera" del peso di 230-280 kg., viene salato e disteso su un tavolaccio. Con la stagionatura che va da 3 a 6 mesi il grasso diventa rosato con vene di magro, il sapore è molto delicato ma con una spiccata personalità che la differenzia dalle Gole di maiale bianco.
Ottima da consumare affettata sottilissima sul pane ancora caldo, tagliata a pezzettini e lasciata sciogliere in padella è un alternativa per la preparazione di piatti rustici.
Ricavato dal grasso sottocutaneo, che viene prelevato dal collo, dal dorso e dai fianchi del maiale utilizzando i suini di "Razza Nera" del peso di 220-280 kg..
Si differenzia dagli altri lardi aromatizzati per la salatura a secco su tavolacci anzichè a bagno in conche di marmo o di pietra.
Particolarità di questo lardo è l'impiego nella salatura di un antica concia a base di erbe e di bacche di ginepro che, lo rendono un prodotto da buongustaio. La stagionatura ha un minimo di 5 mesi. Caratteristico è il grasso tendente al rosato che si scioglie in bocca, dal sapore intenso e dolce, ma con una spiccata personalità che lo differenzia dagli altri lardi di maiale bianco.
Ottimo con polenta o macinato e spalmato su fette di pane caldo.
E' il secondo modo di utilizzare il budello ricavato dall'intestino cieco del maiale. Questo ne prevede il riempimento con una particolare pasta da cotechino: carne di piedino di stinco, il musetto e le guance, la lingua ed altre parti pregiate con caratteristiche di gommosità.
Salume simile al cotechino, col quale condivide le stesse materie prime. La differenza sta nel fatto che nella Mariola le carni sono adeguatamente sgrassate in modo da ottenere un prodotto più leggero e digeribile e qualitativamente superiore ad un normale cotechino. La preparazione avviene come nei cotechini.
Il più famoso insaccato della tradizione gastronomica bolognese, di origini antichissime. E’ realizzato con carni suine (muscoli striati e grasso di alta qualità), macinate, miscelate e cotte dopo l’insaccamento. Per prepararla si impiegano le carni di maiale che non sono utilizzate per i tagli principali e il grasso della gola, che viene riscaldato, dopo essere stato tagliato a cubetti, quindi lavato e asciugato. Si macina il tutto e si condisce con sale e pepe lasciato intero. Varie le aggiunte che possono essere fatte, che spaziano dallo zucchero ad altre parti del suino. Una volta insaccata, in budello naturale o artificiale, la mortadella viene cotta in forno ad aria secca e poi raffreddata.
Tipica la sua forma cilindrica, così come l'aspetto e il colore della fetta: rosa uniforme, costellato di cubetti bianchi ben definiti. Il profumo è inconfondibile, leggermente speziato, mentre il gusto è pieno e ben equilibrato, grazie proprio alla presenza del grasso che addolcisce il sapore della carne.
Nella versione artigianale, il colore è rosa più scuro, a causa dell'impiego ridotto di nitriti e nitrati, sostanze che svolgono un'azione antiossidante. Deve presentare una gamma di profumi ampia e variegata, anche per l'impiego di spezie quali il macis, il coriandolo macinato e l'aglio.
In alcune versioni la si vede proposta con pistacchi mescolati all'impasto. Classica la presenza di chicchi di pepe nero, che conferiscono notevole aromaticità.
Due le scuole di pensiero sul taglio: c'è chi la preferisce a cubetti e chi invece affettata.
La sua produzione avviene nell'intero territorio piacentino, ma la stagionatura, eseguita sempre in loco, deve compiersi in località che non superino i 900 metri di altitudine. La carne proviene da allevamenti lombardi ed emiliani, gli stessi che vengono impiegati dai produttori del prosciutto di Parma.
La parte del maiale che viene impiegata per ottenerla è il grasso che parte dalla zona retrosternale fino ad arrivare a quella inguinale. Delle mammelle si impiega solamente la parte laterale. Dopo un'opportuna rifilatura si procede alla salatura, che viene fatta con sale, pepe, chiodi di garofano, zucchero. Così apprestate, le pancette vengono messe in celle frigorifere, ad una temperatura di circa 4°C per almeno due settimane, ad un'umidità controllata di circa 70-80%. Trascorso tale periodo, si ripulisce la superficie e si arrotola la pancetta, aggiungendo, se occorrono, carni magre al centro e vescica di suino all'esterno. Dopo un iniziale riposo comincia l'asciugatura, che dura circa una settimana, a 20°C, e poi la vera e propria stagionatura, che si protrae per almeno due mesi. Al termine, la pancetta si presenta di un colore rosso acceso, con cui contrasta il bianco della parte grassa. Il sapore è delicato, profumato dalle spezie, ben equilibrato.
Una versione particolare della classica pancetta. Unione di due pancette lasciate sotto sale aromatizzato per due settimane, affumicate per un'ora e insaporite per quattro giorni con una salamoia al miele. Il tutto viene poi cotto a vapore e passato alla fine in un forno a legna. Al gusto c'è il sentore di affumicatura, ma allo stesso tempo si presenta delicata e si scioglie una volta messa in bocca.
Vengono utilizzati in genere i prosciutti crudi che durante la stagionatura subiscono alterazioni oppure le cosce dei suini macellati fuori stagione, e che quindi non potrebbero essere utilizzate per ottenere prosciutti crudi. La qualità dei prosciutti cotti è legata alla materia prima, alla composizione della salamoia, alla tecnologia di lavorazione.
Le cosce vengono disossate manualmente oppure meccanicamente. Per prodotti di alta qualità, per i quali non è prevista l'aggiunta di polifosfati, le ossa vengono asportate mantenendo inalterata l'integrità delle masse muscolari, secondo una tecnica detta a prosciutto "chiuso". Le ossa vengono invece asportate dalle cosce incidendo le masse muscolari nella produzione di prosciutti di qualità media, privi di polifosfati, o di qualità bassa addizionati di polifosfati e caseinati. Le carni vengono sottoposte a salagione a secco o in salamoia oppure per iniezione nei vasi sanguigni tramite siringatrice multiaghi. La salamoia è una soluzione acquosa in cui sono state disciolte sostanze quali: sale (per conferire sapore al prodotto), aromi naturali (in genere rosmarino, aglio, coriandolo, ginepro, macis, per esaltare il gusto), glutammato (per esaltare la sapidità del prodotto), polifosfati e caseinati (per trattenere l'acqua durante la cottura: senza di essi il prodotto sarebbe stopposo); nitrati e nitriti (inibiscono lo sviluppo dei microrganismi, forniscono alla carne una colorazione rosato e migliorano la sapidità del prodotto evitando che questo assuma un gusto amaro) e acido L-ascorbico e zuccheri (favoriscono l'azione degli altri additivi). Le carni vengono quindi sottoposte a zangolatura un massaggio vigoroso e prolungato che favorisce la distribuzione omogenea della salamoia nell'intera massa muscolare e che facilita, durante la cottura, la coesione tra i diversi muscoli e pezzi di carne. Le carni vengono poi poste in appositi stampi di metallo e pressate che dà al prosciutto la forma finale. La cottura avviene all'interno degli stampi di metallo in forni a vapore oppure in acqua a 100 °C, per un tempo pari a circa 1 ora per ogni Kg di prodotto. Il prosciutto assume quindi definitivamente la forma dello stampo, da cui verrà estratto, ripressato e raffreddato a 0 °C per 24 ore. Una volta raffreddato viene sottoposto a rifilatura e tolettatura, ricoperto di una patina protettiva oleosa o di paraffina, ed avviato al confezionamento sotto vuoto e alla pastorizzazione.
Nel maiale si possono ricavare solo due prosciutti dalle cosce posteriori. Dopo la macellazione, le cosce giudicate adatte vengono identificate con l'applicazione del marchio "P.P." e la sigla del macello. Successivamente vengono messe a raffreddare per un giorno intero, fino al raggiungimento della temperatura di 0 ° C., si procede poi alla rifilatura e viene quindi effettuata la salagione, preceduta da un energico massaggio, per smuovere le fibre e spremere eventuali residui di sangue. Anche la temperatura a cui si effettua tale operazione deve uniforme: né troppo fredda, perché impedirebbe l'assorbimento del sale, né troppo calda, perché rischierebbe di generare fenomeni di deterioramento. Terminata l'operazione, la coscia del maiale viene fatta riposare, per una settimana, in una cella frigorifera, ad una temperatura compresa tra 1 e 4 ° C, con umidità dell'80%. Al termine, dopo un'accurata pulizia che la priva del sale residuo, la coscia viene ancora cosparsa leggermente di sale e messa a riposare in una cella frigorifera, definita "di secondo sale", dove soggiorna per un tempo variabile dai 15 ai 18 giorni a seconda del peso. Tolto il sale rimanente, si sposta la coscia in una cella detta "di riposo", dove l'umidità deve essere pari a 75% e la temperatura non deve superare i 5 ° C. Trascorsi due o tre mesi, si lava il prosciutto in acqua tiepida e lo si pulisce con attenzione. Dopo averlo asciugato, il prosciutto passa alla fase definita della "pre-stagionatura", appeso in grandi stanzoni ad appositi strumenti, definiti "scalere". Si procede, in seguito, alla battitura della coscia, perché la forma tondeggiante sia più regolare possibile e anche per aggiungere del pepe nella fossetta posta vicino alla noce, affinché la zona di contatto risulti asciutta. Siamo quindi giunti alla sugnatura, fatta con un composto ottenuto da grasso di maiale tritato a cui viene aggiunto sale e pepe macinato e, se occorre, farina di riso. La sugna viene distribuita in maniera uniforme, anche per coprire eventuali screpolature. Così preparato, il prosciutto deve subire un ulteriore trasferimento: è la volta del passaggio in "cantina", così definita perché più fresca e meno ventilata degli asciugatoi. In questo periodo si procede al "sondaggio": con un ago ottenuto da un osso di cavallo, si forano le carni in profondità, allo scopo di valutare le caratteristiche olfattive raggiunte fino a quel momento, per giudicare se l'andamento della produzione segue un processo regolare. L'uso dell'osso di cavallo è dovuto alla sua facoltà di assorbire pienamente gli aromi dell'elemento in cui viene introdotto, salvo poi riperderli con altrettanta velocità. Superato quest'ultimo esame, i prosciutti possono finalmente iniziare la fase di stagionatura. Viene allora applicato un sigillo circolare con la sigla "C.P.P." (Consorzio del Prosciutto di Parma), in cui viene riportato il mese e l'anno di inizio della stagionatura. I nostri prosciutti sono pronti ad essere consumati solo dopo essere stati stagionati minimo per 24 mesi. Si presentano con un peso compreso tra 11 e 13 kg con osso.
E' un salame particolare, dal gusto "antico ", diverso da quello degli altri salami. Infatti anche se la concia è sempre la stessa, vuoi per i budelli nei quali è insaccato, che sono grassi e quindi lo mantengono morbido più a lungo, vuoi per la macinatura che viene effettuata a mano, a punta di coltello per cui la carne può risultare a pezzi un pò più grossi, il suo sapore è effettivamente diverso dagli altri e, a parere di vecchi intenditori, ricorda i salami di una volta.
Il nome deriva dall'omonima cittadina dei colli parmensi in cui viene prodotto da almeno due secoli.
È preparato con pura carne di suino, accuratamente selezionata, a cui si aggiungono, nella proporzione del 25-30%, parti grasse scelte fra quelle a costituzione più dura. Dopo la triturazione a pasta grossa vengono aggiunti sale, pepe in grani e nitrato, quindi, poco prima dell'insacco, pepe e aglio pestati in mortaio e disciolti in vino bianco secco. Il budello usato è il gentile suino, che gli conferisce il tipico aspetto dal diametro non costante.
La stagionatura ideale è di almeno 60 giorni. È caratterizzato da morbidezza e da sapore delicato.
Se il Culatello è il re dei salumi il gentile è il principe dei salami. A dargli questa "investitura" di nobiltà è soltanto il budello nel quale è insaccata la carne macinata, identica a quella degli altri salami. Quello del "gentile" è il retto, un budello a due strati con interposto un leggero velo di grasso che ha la funzione di mantenere morbido il suo contenuto fin dopo l'estate, consentendo così di gustare un ottimo salame completamente fuori stagione. Un tempo, per maiale, se ne poteva fare uno solo, ma oggi, che i budelli si comprano, si riesce a produrne in quantità tale da non far divenire troppo esclusiva questa prelibatezza. Il vero problema della sua preparazione è l'insaccatura che è estremamente difficile a causa di possibili sacche d'aria residue all'interno che potrebbero causarne il deterioramento. C'è poi la stagionatura che, data la gran massa di carne e di conseguenza la gran umidità interna da smaltire, può essere causa di seri inconvenienti. Però se tutto va come deve andare il "gentile" risulta uno dei migliori salami che si possano gustare: la lunga stagionatura (da 70 giorni a 4 mesi) , infatti, fa si che il grasso compenetri nel magro, col risultato che la sua carne profumata giunga quasi a sciogliersi in bocca.
La Mariola è un retaggio della tradizione salumiera cremonese. Zibello e Polesine, infatti, facevano parte dell'antico Oltrepò di Cremona. Ma i loro abitanti, al contrario di quelli della sponda sinistra del Grande Fiume, che ancor oggi macinano tutto il maiale, realizzando solo salame, hanno imparato, nel corso dei secoli, a trarre da quel meraviglioso animale tutte quelle qualità di salumi che solo in questo fazzoletto di terra si possono gustare.
Per insaccare la Mariola si usa un particolare budello del maiale, dalla grande sezione e dalla forma irregolare e un po' bitorzoluta, le cui pareti, sono a doppie e fra loro c'è l'interposizione di uno strato di grasso, come nel "gentile", ma in spessore ancora maggiore. Questo fa si, che si mantenga fresco, fino al Natale successivo alla sua preparazione, assumendo un particolare profumo, e serva ad arricchire, insieme al Culatello, le tavole di pochi privilegiati durante le feste di fine anno. Data la stagionatura difficilissima, molti preferiscono, per non correre rischi, usare questo particolare budello per insaccare cotechini dalla forma enorme, quasi mostruosa, ma che fanno, affettati ancora fumanti, un'ottima figura in qualunque pranzo. Chi lo utilizza invece per il salame, ed è capace di stagionarlo, ottiene un risultato sublime dal profumo e dal sapore incomparabili! Peso da 1,5 a 2,5 kg.
Piccolo salame da mangiare giovane, di piccolo diametro lungo 20-25 cm realizzato utilizzando carne di culatello molto magra, macinato appena più fine di quelli normali. Per accelerarne il più possibile la maturazione viene insaccato in piccoli e sottilissimi budelli chiamati piccola fettuccia. Molto magro, delicato e soprattutto dolce.
Lo Strolghino va mangiato tenero, ha una stagionatura di soli 20 giorni.
Il salame della Bassa Parmense è diverso da quello di Felino perché la differente scelta delle carni lo rende più morbido. Ha un'equilibrata scelta delle carni con una lievissima eccedenza verso il grasso, che ha però la precisa funzione di tenerlo morbido più a lungo, il sale è ridotto al minimo indispensabile per la conservazione, il pepe nero in grani interi o tritato molto grossolanamente è giustamente dosato, la concia è costituita solo da aglio, in quantità limitata, pestato nel mortaio e poi disciolto in un buon vino. Il risultato è un impasto che tende, con una giusta stagionatura, a rimanere morbido e a sciogliersi in bocca per un periodo discretamente lungo con un sapore ed un profumo indimenticabili.
Verdi ne andava matto e sulla sua tavola, come su quella di ogni buongustaio delle nostre terre, non mancava e non manca mai un taglierino con il famoso salame pronto ad essere affettato.
La Spalla di San Secondo è un tipico salume della provincia di Parma.
Si ricava dal quartino anteriore del maiale e con una lavorazione artigianale si trasforma in un salume prelibato. Dopo essere stata disossata e rifilata viene salata, legata e, dopo una breve stagionatura, viene cotta in acqua e vino con l'aggiunta di profumi. Al termine della cottura, le spalle vengono raffreddate e messe sottovuoto per essere poi conservate a +2°+5°.
Ricavata dall’unione del muscolo sovraspinato e sottospinato dell’arto anteriore del suino. Dopo qualche giorno di leggera salatura, viene insaccata all’interno della vescica naturale e legata manualmente. Distriguibile da altri insaccati in vescica dal pezzo di corda lasciata a penzoloni nella parte inferiore. Ha una stagionatura di almeno 10 mesi in ambienti naturali e cantine secolari. Salume inconfondibile per la presenza di leggere nervature che ne caratterizzano l’aspetto e la fragranza dei sapori.
La sua zona di origine è la provincia di Bolzano, ma la maggior parte della produzione si trova localizzata nella Val Venosta e Val Pusteria. Si ha menzione della sua produzione fin dal 1289, ma solo a partire dal Settecento è stato riconosciuto con l'appellativo comune di speck. Inizialmente era prodotto solo per l'autoconsumo, poi, grazie al vasto successo ottenuto, la produzione e aumentata considerevolmente, con la nascita di molte aziende specializzate.
Lo speck si ottiene dalle migliori cosce di suino, rifilate a regola d'arte, salate e aromatizzate nel rispetto delle ricette tradizionali. La salmistratura deve avvenire a secco, senza procedere a nessun tipo di pressatura e prevede l'utilizzo di sale, pepe, pimento, aglio, bacche di ginepro e zucchero. L'affumicatura si deve compiere con legna scelta, a freddo, con la presenza di spezie; la durata è di tre settimane, nel corso delle quali la carne si colora dal rosso al nerastro, sviluppando l'aroma delicato di carne affumicata. La successiva asciugatura deve avvenire ad una temperatura non superiore ai 20 ° C. a seconda del peso, la stagionatura avrà una durata compresa tra le 20 e le 24 settimane.
Si utilizza carne di maiale magra e grassa, macinata grossolanamente, unita poi a cotenna di maiale, tritata invece molto finemente. Il tutto viene poi salato, speziato e insaporito con erbe aromatiche, lavorato con vino, quindi insaccato nella pelle della zampa anteriore del maiale, ben pulita, raschiata e lavata accuratamente. Diversamente da altri tipi di salumi necessita di una lunga cottura prima del consumo.
Al contrario di quanto si è portati a pensare, lo zampone è un alimento equilibrato. E’ uno dei più prestigiosi “bolliti” della tradizione natalizia, classico è il suo abbinamento con lenticchie, pure di patate, fagioli.